martedì 30 giugno 2009

La salpa

Nei post sulle Bolle della Tribù abbiamo pubblicato qualche foto che hanno per soggetto le salpe...e quindi approfondiamo un pò la conoscenza con questo pinnuto che si incontra praticamente sempre durante le nostre uscite in mare con e senza bolle!

Il suo nome comune è Sarpa salpa ed è un pesciotto allegro, dal corpo ovale e simmetrico, con il profilo uniformemente convesso. La bocca è piccola e sporgente, proprio sulla punta del muso. In ogni mascella è presente una sola fila di denti taglienti. I denti della mascella inferiore sono triangolari e molto vicini, quelli della mascella superiore sono incavati. La pinna dorsale, come quella di quasi tutti gli Sparidi, è divisa in due parti: la prima parte è composta di raggi spinosi. la seconda di raggi molli. Il colore base è il grigio argento, ma il corpo è ravvivato da dieci a dodici strisce longitudinali dorate e molto luminose, così come sono dorate le pinne. L'occhio è giallo e sopra la base della pinna pettorale è visibile una macchia nera. Può raggiungere una lunghezza di trenta centimetri e qualche volta anche di cinquanta, superando abbondantemente il chilo di peso. Vive in folte tribù (...vedi...non siamo i soli a formare una tribù) a contatto di gomito con i compagni, come se fosse allineata in un plotone militare. E' uno dei pochi pesci erbivori del Mediterraneo; infatti si nutre esclusivamente di alghe e di foglie di Posidonia oceanica.

La riproduzione avviene all'inizio della primavera o nel tardo autunno. In un anno di vita, i pesci raggiungono una lunghezza di circa dieci-quindici centimetri.

Dove vive. È molto comune nel Mediterraneo ed è presente nell'Atlantico orientale dal Golfo di Biscaglia al Sudafrica.
Il suo habitat ideale è quello costiero, dove le alghe si mescolano alle rocce, basta che la profondità non superi i quindici-venti metri. Alla Salpa, infatti, piace la luce del sole, piacciono gli scherzi, il rumore; la confusione provocato dal moto ondoso, le asperità dei fondi tormentati e disseminati di detriti, il verde intenso dei prati di posidonie. Le tane le vanno a genio solo per brevi momenti, ma non devono essere oscuri spechi tortuosi, bensì ampie volte di pietra perfettamente illuminate a giorno. E anche in questo caso la Salpa non ci si soffermerà mai oltre il tempo necessario per attraversarle, entrando da una parte per uscire subito dall'altra. La superficie le piace così tanto, da non abbandonarla neppure quando il fondo è a una quindicina di metri più giù. Piuttosto di niente se ne starà a mezz'acqua, oppure salirà sin sotto la schiuma delle onde, per scendere di corsa verso il fondale, perennemente indecisa e perennemente in gruppo.

giovedì 18 giugno 2009

Le meduse

L'estate è praticamente arrivata...mancano pochi giorni per l'inizio ufficiale...e come ogni anni di questi periodo arrivano loro...le MEDUSE!

Le meduse fanno parte dei celenterati: il loro nome deriva dalla presenza del celenteron che è una vasta cavità corporea esclusiva di questi animali che funziona prevalentemente da cavità digerente.
In generale la principale caratteristica di questi organismi è rappresentata dalla presenza di un'ombrella corredata da una serie di tentacoli di forma variabile.

Durante l'estate ci sono due specie di meduse che si incontrano con molta facilità: Pelagia noctiluca e Rhizostoma pulmo.

Pelagia noctiluca, o medusa luminosa, ha un'ombrella a forma di cupola alta e costellata da verrucosità urticanti. L'ombrella può raggiungere i 30 cm di diametro. Dal margine ondulato partono lunghi e sottili tentacoli, che possono raggiungere anche il metro di lunghezza. Al centro, inferiormente, si notano 4 braccia orali a margini frastagliati che prolungano la bocca. La sua colorazione è rosea o bruno-giallastra. E' considerata pericolosa perchè i tentacoli sono estremamente urticanti; però secondo me la pericolosità è più legata al fatto che questi tentacoli possono essere molto lunghi e difficili da vedere in acqua.

Rhizostoma pulmo, o polmone di mare, ha una grossa ombrella a forma di campana con profilo molto convesso. La superficie esterna della cupola non è urticante. L'ombrella può raggiungere i 60 cm di diametro. Le 8 braccia orali sono grosse e frastagliate ed è proprio dalla loro forma che deriva il nome comune di questa medusa. La colorazione è biancastra opaca a riflessi cerulei ed il margine dell'ombrella è blu-violaceo.

Le meduse generalmente si nutrono di piccoli organismi che catturano con i tentacoli urticanti.

Dopo questa breve descrizione di queste due specie di meduse, un consiglio nel caso in cui veniste pizzicati da un tentacolo: le meduse "pungono" perchè possiedono nell'epidermide dei tentacoli e della bocca degli organelli urticanti detti cnidoblasti che hanno una funzione offensiva/difensiva. Si tratta di cellule che contengono una capsula al cui interno ci sono del liquido tossico ed un filamento avvolto a spirale.
Quando uno cnidoblasto viene sfiorato da un corpo estraneo la capsula si apre liberando liquido e filamento.
Il veleno è termolabile quindi se si mette la parte "ustionata" dalla medusa a contatto con un corpo caldo l'effetto del liquido tossico sparisce in breve tempo. Potete utilizzare acqua calda non bollente, un sasso caldo o della sabbia; l'importante è non sfregare assolutamente ma solo appoggiare la fonte di calore.

Alla prossima!

giovedì 11 giugno 2009

Armi e strategie per vivere

La vita nel mare è una gara continua tra predatori e prede: da una parte c'è chi perfeziona sistemi per procurarsi da mangiare e dall'altra parte c'è chi cerca di difendersi escogitando sistemi che gli permettano di non essere mangiato.
In questa gara senza esclusione di colpi ogni mezzo è lecito...si passa all'uso di armi chimiche fino all'utilizzo delle colorazioni (argomento trattato già in parte nel post precedente).

Noi siamo portati a pensare che il modo migliore per evitare il nemico sia quello di scappare e nascondersi, ma questo non lo possono fare tutti: a volte la preda è un organismo che si muove con difficoltà o addirittura non si muove per niente.
Questi animali non potendo fuggire hanno evoluto una difesa/offesa specializzandosi come produttori di armi chimiche.

Molti pesci hanno spine velenose che sono un ottimo sistema per scoraggiare il predatore. I più famosi tra i pesci velenosi sono gli scorfani. Sono predatori a loro volta, ma a causa della loro scarsissima mobilità sarebbero esposti al rischio di predazione.
Eppure pochi osano mangiarli: la loro pinna dorsale ha delle spine velenose.

Anche la tracina, che vive sui fondali sabbiosi, ha la pinna dorsale con le spine velenose e si comporta come lo scorfano.
I veleni dei pesci hanno una caratteristica comune: dopo la puntura il dolore è forte ed immediato ma il veleno è termolabile quindi si neutralizza con il calore.
Quindi se mai doveste essere punti da uno di questi 2 pesci il metodo migliore per "sconfiggere" il veleno è usare il calore (per esempio acqua calda) e soprattutto non sfregare sulla puntura!

Anche il veleno delle meduse si sconfigge con il calore: il veleno è contenuto in cellule urticanti della pelle.




Anche i nudibranchi sono sgraditi ai pesci e agli altri predatori perchè accumulano sostanze tossiche e/o repellenti nel loro corpo grazie all'alimentazione fatta soprattutto di spugne ed idrozoi.

L'argomento veleni è spesso legato all'uso dei colori: chi è velenoso ha interesse a farsi riconoscere perchè in questo modo eviterà di essere predato. Quindi vengono usate colorazioni appariscenti e difficili da dimenticare.
A volte chi mostra dei colori vivaci non è velenoso ma mente sulla sua vera natura per ingannare il predatore.
Il pesce palla non è commestibile a causa del suo veleno mortale; il pesce lima ne riproduce perfettamente la livrea, quindi il pesce lima sarebbe commestibile ma in questo modo evita di essere mangiato!

venerdì 5 giugno 2009

L'orata


Viste le ultime pescate di Francè e le belle catture di Gianni che avevano come denominatore comune l'ORATA parliamo un pò di questo pesce per saperne un pò di più.

Il suo nome scientifico è Sparus auratus perchè sul capo, tra gli occhi, ha una specie di mezzaluna color oro. Ha un corpo alto, ovale e massiccio. Il profilo è ripido e leggermente convesso.
La mascella superiore è lievemente più lunga di quella inferiore e le labbra sono carnose ed evidenti. Ha da quattro a sei denti conici molto robusti nella parte anteriore di ciascuna mascella, seguiti da quattro o cinque file di denti molariformi nella mascella superiore e da tre o quattro file nella mascella inferiore.

La pinna dorsale è unica, ma mentre la parte anteriore è dotata di spine robuste, quella posteriore è costituita da raggi molli. La coda è potente e forcuta, la pinna pettorale è lunga e sottile. La pinna pelvica ha un raggio spinoso e cinque raggi molli. Il colore è grigio o brunito sul dorso, argenteo sui fianchi, bianco sul ventre. All'origine della linea laterale c'è una macchia scura molto evidente, mentre il bordo esterno dell'opercolo presenta una chiazza scarlatta.
La caratteristica macchia d'oro visibile sulla fronte scompare dopo la morte dell'animale. Può arrivare a una lunghezza di settanta centimetri e a una decina di chili di peso. Solitamente l'orata vive in gruppi costituiti e si ciba di crostacei e di molluschi, che divora in gran quantità, triturandone i gusci con le formidabili mascelle.
La riproduzione avviene in autunno, tra ottobre e dicembre e, al contrario di molte specie che nel periodo degli amori si avvicinano alla costa, essa si sposta in zone più profonde, dove l'acqua è più limpida e più pura.
Si tratta di una specie ermafrodita proterandrica: quindi gli esemplari più piccoli (età 1-2 anni) sono tutti maschi, mentre quelli più grossi (superiori ai 25-30 cm) sono femmine.

L'Orata è diffusa nel Mediterraneo e nell'Atlantico orientale; predilige e acque tiepide e pertanto è facile trovarla lungo la costa d'estate e al largo d'inverno. L'Orata si trova perfettamente a suo agio nelle acque salmastre delle lagune, specialmente dove ci sono i vivai di mitili, con i quali fa lauti banchetti, ma non disdegna neppure i fondali rocciosi, ricchi di scogli, di canaloni e di spaccature. L'Orata non ama le profondità abissali, ma non si lascia sorprendere nemmeno dove l'acqua è troppo bassa: di solito la si incontra dai dieci-quindici metri ai cinquanta-sessanta. Per cui la pesca in apnea è quasi sempre impegnativa e difficile.